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Nautica Made in Italy: un mare da 16 miliardi che traina export, innovazione e lavoro

2025-09-19 10:13

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Nautica Made in Italy: un mare da 16 miliardi che traina export, innovazione e lavoro

di Andrea Striano

di Andrea Striano
Responsabile Dipartimento Imprese & Mondi Produttivi – Fratelli d’Italia, Caserta


L’Italia è un Paese che vive di mare. Non soltanto per la sua storia millenaria di commerci e navigazione, ma soprattutto perché oggi il comparto nautico rappresenta uno dei settori più vivaci e dinamici dell’economia nazionale. Non si tratta di un’appendice marginale, confinata al lusso o al turismo d’élite, ma di un’industria che produce valore, occupazione, tecnologia, innovazione e soprattutto esportazioni. Le cifre parlano chiaro: il giro d’affari supera i sedici miliardi di euro, con una media di otto miliardi di export annuo negli ultimi tre anni. Numeri che non sono casuali, ma il frutto di una filiera capace di coniugare tradizione artigianale e capacità industriale, design e ingegneria, brand e internazionalizzazione.

Questa forza si traduce in leadership europea: oltre un quinto delle vendite continentali di imbarcazioni e accessori porta il marchio Italia. È un primato che si fonda su un sistema di imprese in cui convivono grandi player internazionali e una miriade di piccole e medie realtà specializzate. In totale, quasi mille aziende danno lavoro a più di trentamila persone, generando occupazione qualificata in settori ad alto contenuto tecnologico. Il made in Italy nautico si conferma così un asset strategico, capace di proiettare il Paese su mercati globali sempre più competitivi.

L’export rimane la leva decisiva. Dalla cantieristica dei grandi yacht alle imbarcazioni da diporto, dal refit ai sistemi di accessori e componentistica, l’Italia sa imporsi come punto di riferimento in mercati lontani e diversificati. Questa capacità di penetrare i mercati internazionali non si spiega soltanto con l’eccellenza estetica e la cura dei dettagli, ma anche con la solidità delle filiere, la professionalità degli addetti, l’attenzione costante all’innovazione. È un modello che va oltre la nautica e che potrebbe rappresentare un paradigma utile anche per altre filiere produttive del Paese: partire dal valore aggiunto, puntare su qualità riconosciuta e costruire un brand solido, capace di attrarre domanda globale.

Il settore non è però soltanto dinamica economica pura. Al suo interno si inseriscono politiche di sostegno e strumenti finanziari che consentono alle imprese di crescere, innovare, investire e affrontare le sfide della transizione sostenibile. È qui che entra in gioco il ruolo di SACE, che si è presentata al Salone Nautico di Genova non come semplice osservatore, ma come attore strategico a fianco delle aziende della filiera. La sua missione è chiara: garantire strumenti di credito, facilitare l’accesso alla liquidità, accompagnare le imprese sui mercati internazionali e premiare i progetti che puntano su sostenibilità e innovazione.

Gli esempi concreti non mancano. La garanzia creditizia per il progetto “Viking Libra” di Fincantieri mostra come lo Stato, attraverso SACE, possa rafforzare la capacità competitiva dei campioni nazionali, sostenendo produzioni ad altissimo valore. Al tempo stesso, la diffusione di strumenti di reverse factoring per i fornitori italiani consente di alleggerire la pressione finanziaria sulle PMI, rendendo più fluida la catena di fornitura e premiando le imprese che adottano pratiche virtuose sotto il profilo ESG. È un meccanismo che crea un circolo virtuoso: la grande impresa trae forza da una rete di fornitori solidi, i fornitori ottengono liquidità e incentivi, l’intero sistema diventa più competitivo e sostenibile.

Accanto alla cantieristica, emergono iniziative che riguardano la portualità. La riqualificazione delle infrastrutture a Viareggio, l’impianto fotovoltaico a Marina di Pescara, gli interventi nei porti di Napoli, Salerno e Genova testimoniano come la modernizzazione delle strutture sia parte integrante di una strategia di lungo periodo. Non basta produrre yacht eccellenti: serve una rete di porti in grado di accogliere, offrire servizi, garantire logistica e manutenzione. In questo senso, la portualità diventa una variabile decisiva, un moltiplicatore di competitività che può determinare la capacità di attrarre investimenti e consolidare il ruolo internazionale del Paese.

Il tema della sostenibilità, spesso percepito come un vincolo, diventa invece un’opportunità di crescita. Le imprese della nautica stanno dimostrando che è possibile conciliare performance, design e responsabilità ambientale. Le soluzioni innovative vanno dall’utilizzo di materiali più leggeri e riciclabili all’adozione di sistemi di propulsione meno impattanti, dall’integrazione di impianti fotovoltaici fino a tecnologie avanzate di pulizia dei fondali. La collaborazione internazionale, come quella con la società Bee’ah Sharjah Environmental per il recupero ambientale marino, apre nuove possibilità e allo stesso tempo favorisce l’ingresso delle PMI italiane in catene di fornitura globali.

Ciò che emerge è un quadro di sistema. Non c’è solo la grande industria e non ci sono soltanto i super yacht che fanno notizia sui giornali. C’è una rete di imprese artigiane, di fornitori specializzati, di porti che si rinnovano, di progetti di sostenibilità che cambiano i modelli produttivi. È l’Italia produttiva che si esprime in un settore ad alto tasso di innovazione, dimostrando che quando esistono condizioni di sostegno adeguate e mercati ricettivi, le imprese italiane sanno eccellere.

In questo scenario, la sfida politica è duplice. Da un lato, rafforzare il supporto alla filiera, semplificando la burocrazia, accelerando gli investimenti infrastrutturali, favorendo la ricerca e lo sviluppo. Dall’altro, costruire una narrativa che restituisca alla nautica la dignità che merita: non un lusso per pochi, ma un comparto che genera lavoro qualificato, alimenta le esportazioni e diffonde l’immagine positiva del Paese nel mondo. Parlare di yacht non significa parlare di frivolezza, ma di tecnologia, sostenibilità, supply chain, export.

Il legame con i territori è evidente. I porti di Napoli e Salerno, le aree cantieristiche della Campania, le maestranze specializzate del Centro e del Nord, compongono una geografia produttiva che ha bisogno di essere sostenuta e potenziata. La Campania, in particolare, può giocare un ruolo strategico non solo per la posizione geografica al centro del Mediterraneo, ma anche per la presenza di cluster industriali e artigianali che hanno una lunga tradizione nella costruzione e nella manutenzione navale. Inserire questo patrimonio nella filiera globale significa trasformare un’eredità storica in un vantaggio competitivo contemporaneo.

Il mare, dunque, non è soltanto un confine fisico o un luogo di turismo. È un motore economico che muove filiere intere, attira investimenti, consolida reputazioni internazionali. Il successo della nautica italiana dimostra che il modello del made in Italy funziona quando si combina artigianalità e industria, quando si scommette sulla qualità e sulla bellezza, quando si costruiscono reti tra imprese, istituzioni e finanza. È una lezione che andrebbe applicata a molti altri settori, dalla moda all’agroalimentare, dall’aerospazio al design.

La presenza di SACE al Salone Nautico di Genova conferma che lo Stato ha compreso l’importanza di questo comparto e intende accompagnarne lo sviluppo. La sfida ora è non fermarsi ai singoli interventi, ma trasformare queste esperienze in politiche strutturali. Se l’Italia saprà valorizzare la nautica come laboratorio di innovazione e sostenibilità, potrà ottenere benefici più ampi per l’intero sistema produttivo. Non si tratta soltanto di mantenere una leadership europea, ma di consolidare una proiezione globale che può rendere il Paese più competitivo, più attrattivo e più capace di affrontare le transizioni in corso.

Il futuro del settore dipenderà dalla capacità di continuare a investire in ricerca, formazione, internazionalizzazione. Le imprese hanno già dimostrato di saper cogliere queste sfide. Tocca ora alle istituzioni accompagnarle, garantendo visione, risorse e continuità. La nautica italiana, con i suoi sedici miliardi di valore e la sua forza di export, è un capitale nazionale che va difeso e potenziato. Nel momento in cui il mondo guarda al mare come risorsa strategica per commercio, turismo e sostenibilità, l’Italia ha l’occasione di confermarsi come protagonista, non come spettatore.