AGENDA POLITICA - SUSANNA CECCARDI: le PMI e il Made in Italy nell’arena europea

di Michele Montefusco



Nel contesto del mandato al Parlamento Europeo, potrebbe delineare le questioni legislative chiave su cui la Lega si sta attualmente concentrando? Quali fattori hanno guidato le scelte su questi particolari dossier e come si allineano con le priorità strategiche dell’UE?

Le questioni legislative chiave del mandato 2019-24 si sono incentrate sul noto programma dell’Ue denominato ‘European Green Deal’. Queste iniziative ambientaliste hanno gravemente colpito tutti i comparti industriali ma anche i cittadini, imponendo costose limitazioni per accontentare una retorica ambientalista molto di moda in certi ambienti e non sostenendo direttamente con denaro fresco l’impulso al miglioramento dei processi produttivi dei diversi settori. Il confronto coi programmi di sostegno economico e industriale dei due principali poli globali, Via della Seta per la Cina e Ira per gli Usa, è impietoso. Le uniche balbettanti risposte ai nostri competitor sono state il Net Zero Industry Act che supporta le produzioni di tecnologie a impatto zero e Step, che supporta le tecnologie considerate critiche. Davvero poca cosa. Anche il Next Generation EU si può considerare un programma di sostegno all’economia ma ha scontato il grande difetto di finanziare solo tecnologie futuribili, senza supportare l’economia a 360 gradi subito, come c’era bisogno nella ripresa post-pandemica. Tornando al Green Deal, noi come Lega ci siamo opposti a questi provvedimenti sin dalla loro nascita, seppur inizialmente isolati nel Parlamento, perché abbiamo subito capito che davano ben pochi vantaggi all’ambiente e molti disagi a cittadini e imprese, sotto forma di tasse salate da pagare per poter produrre o possedere una nuova auto o una casa di proprietà. I settori maggiormente colpiti dal programma sono stati quelli ad alto utilizzo di energia: industria siderurgica, automobilistica, meccanica per componentistica. Quanto ai consumatori, la conseguenza è diretta e già si vede nella grande inflazione degli ultimi 2-3 anni, sulla quale gravano anche note tensioni geopolitiche. C’è da aggiungere che nelle fasi terminali della legislatura, avvicinandosi le elezioni, gli altri gruppi politici del centrodestra europeo si sono ammorbiditi nel loro supporto al Green Deal, ma il presidio della Lega su questo fronte rimarrà indispensabile perché tutto ciò che è uscito dalla porta non rientri dalla finestra. In ultimo, ritengo che le politiche ambientali debbano essere implementate da Stati nazionali ed enti territoriali nell’ottica del rispetto del territorio che viene utilizzato e non dall’Europa, che è nata piuttosto per il mantenimento della pace e i liberi scambi.

Il ‘Made in Italy’ rappresenta un pilastro di eccellenza riconosciuto a livello mondiale. Come valuta l’efficacia delle politiche attuali dell’Unione Europea volte a proteggere e promuovere questo marchio distintivo? Quali ulteriori iniziative considera necessarie per amplificare il sostegno ai produttori italiani in questo contesto competitivo globale?


L’Italia è il Paese europeo con il maggior numero di prodotti agroalimentari a denominazione di origine e a Indicazione Geografica riconosciuti dall’Ue: più di 900 IG, tra cui 322 prodotti agroalimentari, 529 vini e 35 bevande spiritose. Il sistema europeo delle Indicazioni Geografiche favorisce il sistema produttivo e l’economia del territorio creando un legame indissolubile con il territorio di origine. Come Lega apprezziamo questo sistema poiché riconosce nell’agricoltore o produttore l’attore garante dell’ecosistema e della biodiversità, ma anche del benessere della comunità. Durante questo mandato, il sistema delle IG è stato rivisto e migliorato. Il nuovo regolamento (UE 2024/1143) è entrato in vigore il 13 maggio 2024 e le principali novità riguardano l’introduzione di un sistema di registrazione abbreviato e semplificato, una maggiore considerazione delle pratiche sostenibili, una maggiore protezione per le IG utilizzate come ingredienti e vendute online, e un maggior potere alle associazioni di produttori. Allo stesso tempo, è stato introdotto un nuovo regolamento (UE 2023/2411) che estende il sistema delle IG anche ai beni industriali e artigianali dal 1° dicembre 2025. Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha già mappato oltre 200 prodotti che potrebbero essere registrati tra le nostre eccellenze del tessile, dell’abbigliamento, delle calzature, della ceramica, del vetro, del legno e dell’oreficeria. Se a livello interno stiamo andando nella giusta direzione e abbiamo votato a favore di queste iniziative, a livello internazionale si deve migliorare ancora. Il Made in Italy agroalimentare nel 2023 ha raggiunto un valore record delle esportazioni di circa 64 miliardi di euro (+6% rispetto al 2022), rappresentando più del 10% delle esportazioni italiane. Ma c’è un problema: il valore del falso Made in Italy è di circa 120 miliardi di euro, quindi circa il doppio del guadagno. Gli accordi che governano le relazioni commerciali ed economiche con determinati Paesi terzi contengono di solito un capitolo sui diritti di proprietà intellettuale, al cui interno vi è una parte sulla protezione e il riconoscimento delle Indicazioni Geografiche: l’Ue deve fare un lavoro di sensibilizzazione verso i Paesi terzi che non hanno tale sistema, ma che invece spesso riconoscono il sistema dei marchi su modello americano. La Lega è da anni in prima linea per combattere il fenomeno della contraffazione e dell’Italian sounding che purtroppo costa molto caro al nostro Paese. E’ fondamentale che gli accordi commerciali riconoscano una lista di prodotti IG che può essere estesa in futuro e che contenga quelli che sono i prodotti a più alto rischio di contraffazione. Inoltre dobbiamo garantire un livello efficace di protezione delle IG, proibendo l’utilizzo di termini o simboli che possano ingannare il consumatore sull’origine del prodotto. Perciò è importante monitorare l’implementazione di tali disposizioni nel tempo, assicurando un reale rispetto delle regole. A differenza di altri Stati membri dell’Ue che non possono contare su un patrimonio così ricco di eccellenze come il nostro, per noi il capitolo sulle IG è fondamentale all’interno degli accordi commerciali. Per questo ci continueremo a opporci alla conclusione di accordi che non ne garantiscono un’adeguata protezione, come nel caso dell’accordo Ue-Mercosur o di quello Ue-Australia.

Dato il ruolo vitale delle piccole e medie imprese nel tessuto economico italiano, quali misure adottate dall’UE considera particolarmente efficaci nel fornire supporto a questi imprenditori? Quali aggiustamenti o nuove politiche propone per potenziare ulteriormente questo settore essenziale?


Le politiche dell’Ue sono sempre state dannose per il mantenimento e lo sviluppo di un sano tessuto di piccole e medie imprese in Italia e in tutti i Paesi europei. Al contrario, hanno prodotto il risultato di concentrare la ricchezza nelle mani delle multinazionali che ‘strozzano’ le nostre Pmi, rubando la linfa vitale rappresentata dalle risorse scarse presenti nell’Ue. L’ultima beffa in tal senso è stata l’ideazione di una figura di rappresentante Ue per le Pmi, la cui nomina ha destato giustamente scandalo perché la Von der Leyen ha fatto nominare in quel ruolo il suo amico di partito Pieper, europarlamentare tedesco della Cdu, il quale poi, travolto dalle critiche, ha deciso di rinunciare alla nomina. A cosa concretamente serva questa figura non si riesce a capire. Ciò che servirebbe davvero è che le Pmi vengano lasciate lavorare, senza troppe regole e condizionamenti stringenti, in modo che siano libere di competere con le loro forze sul mercato locale prima e globale poi. Più costose limitazioni si introducono, come quelle derivanti dal Green Deal, infatti, più difficoltà troverà chi ha le spalle più piccole per reggere la botta di un calo di fatturati dovuto ai maggiori costi. Anche quando si elargiscono fondi per sostenere lo sviluppo, le grandi aziende hanno personale e competenze per ottenere più agevolmente tali fondi. Le normative ambientali inoltre dovrebbero essere rispettate da tutte le grandi multinazionali, e la tassazione dovrebbe essere più equa, in modo che chi pratica regolarmente l’elusione fiscale paghi ciò che è giusto, mentre chi ha le spalle più fragili venga supportato con incentivi e, appunto, regole meno stringenti. Per quanto riguarda il commercio, poi, è importante fornire alle Pmi strumenti e informazioni adeguate alla loro internazionalizzazione, affinché possano beneficiare dei vantaggi dell’apertura commerciale dell’Ue. Negli accordi commerciali solitamente è presente un capitolo specifico per le Pmi, con l’obiettivo di cooperare con il Paese terzo in questione, facilitando l’accesso delle Pmi ai mercati internazionali e fornendo le informazioni necessarie sulle opportunità esistenti a livello di commercio bilaterale. A tal riguardo, è stato appunto creato il Single Entry Point. Tuttavia, troppo spesso anziché beneficiare di nuove opportunità commerciali, le Pmi subiscono le conseguenze dell’adozione di politiche europee che comportano nuovi ostacoli e oneri. Come Lega, riteniamo sia importante considerare le specificità e le difficoltà delle Pmi nell’attuazione di regolamenti e direttive a livello europeo. Ad esempio, poiché le Pmi costituiscono la maggior parte del tessuto industriale italiano e comunitario, sarebbe necessario che gli studi di impatto, da redigere sempre prima di pubblicare ogni nuovo regolamento o direttiva, tenessero in considerazione la loro situazione particolare. Le Pmi non dovrebbero infatti essere messe in difficoltà a causa dell’introduzione di oneri amministrativi aggiuntivi difficilmente gestibili da un’azienda di minore dimensione. Gli studi suddetti dovrebbero fornire le informazioni necessarie per valutare anche una possibile esenzione per queste PMI da alcune norme o provvedimenti, focalizzandosi invece sulle multinazionali. Infine, c’è anche da considerare che nei prossimi anni saranno introdotte nuove regole per rendere il commercio più equo e sostenibile, le quali costituiranno una sfida per le Pmi a livello di implementazione. Si pensi all’entrata in vigore quasi contemporanea della direttiva sulla dovuta diligenza, del regolamento lavoro forzato, del CBAM o del regolamento deforestazione e altre normative specifiche in base al settore. In futuro, si renderà necessario fornire certezza giuridica anche attraverso un’armonizzazione delle norme, oltre che aiuto tecnico e finanziario. Le Pmi devono essere aiutate e agevolate a livello europeo per essere poi più competitive a livello internazionale.