BONUS EDILIZI QUALE ECONOMIA?: spesi circa 200 miliardi ma debito in salita, necessaria prospettiva UE

di Antonino Castorina



I dati forniti dal Sole 24 ore ci rappresentano un contatore economico che supere i 200 miliardi di euro spesi in Italia in relazione a dati che fanno riferimento al Superbonus.
Un quadro analitico che ha come conseguenza un debito che dal 137,3% del Pil calcolato dall’Istat per lo scorso anno risale verso l’area del 140% scritta nell’ultima NaDef, quando però il prodotto interno lordo era indicato a livelli più bassi degli attuali.
In relazione a questa situazione il governo sembrerebbe voler intervenire con una via di uscita progressiva ma netta che sia connessa ad una crescita che dovrebbe aumentare di un punto di percentuale all’anno.
Un dato che va però in controtendenza rispetto a quanto immagina Banca d’Italia che prospetta invece un aumento di +0,6% per il 2024 e di +1% per il 2025.
Il vero dato che dovrebbe però aprire una riflessione ed una conseguenziale analisi è tuttavia la circostanza per la quale la spesa dei Bonus Edilizi è perfino superiore alla previsione di spesa con il Pnrr, stiamo parlando di risorse che si potrebbero aggirare intorno ai 196 miliardi di euro.
Numeri importanti che allargando la prospettiva all’intero quadro economico del Paese dovrebbe immaginare in generale non un approccio attendista ma pragmatico.
Credere che si possa prospettare una qualsiasi crescita senza un apporto massiccio di risorse dal sistema finanziario alle piccole e medie imprese sarebbe en errore specie in un paese come il nostro che deve fare i conti con un tessuto industriale che soffre di una strutturale assenza di equity.
Rispetto a questo l’attuale governo sta lavorando a una serie di strumenti per favorire la capitalizzazione guardando ad un agenda europea che ci porti ad avere una politica industriale e una politica fiscale comune in modo tale da essere competitivi con tutti e portare il nostro paese alla crescita.
La sfida oggi è colmare il gap della produttività è essere rigorosi e fermi nella programmazione.
Questo approccio ci consentirebbe di essere credibili agli occhi di tutti anche alla luce di un dato che non può essere sottovalutato ed ovvero la circostanza per la quale , secondo l’ultima elaborazione The European House – Ambrosetti, la bassa produttività rende il nostro Paese meno attrattivo sui mercati.
Se ci raffrontiamo con gli altri listini europei, la borsa italiana risulta sottodimensionata: il rapporto tra capitalizzazione di mercato e pil per l’Italia si ferma al 33% contro il 195% degli Stati Uniti, il 128% della Francia, il 93% della Spagna e il 49% della Germania.
L’Italia ha numeri più deboli di altri Paesi anche in termini di investimenti esteri diretti in ingresso 2022: Ambrosetti ne ha stimati 448 miliardi di dollari contro i 2.699 miliardi del Regno Unito, i 1.008 miliardi della e Germania gli 897 miliardi della Francia 897.
Se l’Italia avesse tenuto il passo degli altri paesi che caratterizzano investimenti esteri diretti con crescita del 123% nel periodo 2010-2022 oggi avremmo potuto contare su 282,7 miliardi di euro aggiuntivi, una cifra pari a 1,5 volte i fondi del PNRR se vogliamo utilizzare queste risorse come parametro di riferimento.
Il dato con cui oggi ci raffrontiamo ci descrive un mercato più debole ed in nuclei familiari più impoveriti tanto che Da Bankitalia e Ue le stime sul Pil sotto l’1% previsto dal Tesoro.
In conclusione l’unica soluzione di solidità economica, necessaria per una ripresa che sia resistenza e non resilienza ha come mission un orizzonte internazionale dove regole ed investimenti siano parametrati in un mercato internazionale che stimola il confronto e ne efficienta il risultato.