CORPORATE SUSTAINABILITY REPORTING DIRECTIVE: è iniziato il countdown per la rendicontazione non finanziaria

di Michela Roi



E’ oramai inarrestabile il processo di transizione politico-economico-normativa verso lo Sviluppo Sostenibile e la Sostenibilità, nel quale sono a pieno titolo coinvolte le imprese.
L’obiettivo, come noto, è la SOSTENIBILITA’, ovvero un benessere (ambientale, sociale, economico) costante e preferibilmente crescente e la prospettiva di lasciare alle generazioni future una qualità della vita non inferiore a quella attuale, attraverso uno Sviluppo Sostenibile, ricordando sul punto l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile sottoscritto il 25 settembre 2015 dall’Assemblea Generale dell’ONU.
Si mette in discussione (rectius in crisi) il paradigma di impresa basato sullo shareholder value, favorendo invece la c.d. Corporate Social Responsibility (CSR), riconoscendo cioè all’impresa compiti di cura diretta di interessi diversi da quelli degli shareholder ed attribuiti ai c.d. stakeholder (lavoratori, consumatori, imprese fornitrici e collegate, comunità locali, ecc.).
Viene introdotto il “nuovo” paradigma del c.d. stakeholder value, con conseguente abbandono del principio della shareholder primacy.
Una rivoluzione che non poteva non “coinvolgere” sul punto la dimensione (più strettamente) giuridica.
Ed infatti, il Legislatore europeo, nonché quello nazionale, è intervenuto nel corso di questi anni con plurimi interventi regolatori, tesi a favorire la nascita e l’implementazione di strategie societarie orientate ad una crescita sostenibile ed inclusiva.
In questo processo di transizione costituisce una tappa fondamentale la Corporate Sustainability Reporting Directive (Direttiva CSRD), pubblicata il 16 dicembre 2022 nella Gazzetta Ufficiale UE.
La richiamata normativa interviene apportando modifiche ed integrazioni a precedenti norme europee, fra tutte la precedente direttiva Non-Financial Reporting Directive (UE) 2014/2014, meglio nota come Direttiva NFRD.
La Direttiva CSRD persegue i seguenti principali, ma non esaustivi, obiettivi:
affrontare le carenze della legislazione attuale sulle Dichiarazioni di Informazioni Non Finanziarie (DNF), prevedendo l’obbligo in capo a talune tipologie di imprese di comunicare informazioni sul modo in cui il loro modello aziendale incide sulla sostenibilità e su come i fattori di sostenibilità esterni (per es. cambiamenti climatici, diritti umani ecc) influenzano le loro attività;
colmare le lacune delle norme vigenti in materia di informazioni sulla sostenibilità;
migliorare l’informativa sulla sostenibilità così da garantire la trasparenza verso l’esterno dei DNF;
individuare per la prima volta un quadro comune di rendicontazione da offrire alle imprese;
“controllare” i report di sostenibilità, assoggettandoli all’assurance.
A ciò si aggiunga che, rispetto alla precedente direttiva NFRD, il novello Legislatore Europeo ha ampliato la platea di aziende sottoposte “direttamente” agli obblighi di pubblicazione dei dati di sostenibilità aziendale, ivi ricomprendendo, fra tutte, segnatamente le grandi imprese, quotate e non quotate, scandendo al riguardo un “calendario”.
Per quel che riguarda le PMI (non quotate), invece, ad una prima lettura della novella legislativa, sembrerebbero escluse dall’obbligo.
In realtà, alle PMI va raccomandata l’applicazione della Direttiva CSRD, soprattutto laddove appartenenti a filiere produttive, considerato che il Legislatore europeo definisce con il termine “impresa” un elemento integrato che fa parte di un più ampio sistema di relazione e di scambi economici.
In tal maniera, l’oggetto della rendicontazione si estende dai confini dell’impresa (intesa come singola legal entity) alla catena del valore entro al quale l’impresa è inserita. Più precisamente, come indicato all’art. 19-bis, comma 1, lettera f, punto i) della Direttiva 2013/34/UE tra le varie informazioni che dovranno essere incluse nella rendicontazione sulla sostenibilità si dovrà fornire “una descrizione dei principali impatti negativi, effettivi o potenziali, legati alle attività di impresa e alla sua catena di valore, compresi i suoi prodotti e servizi, i suoi rapporti commerciali e la sua catena di fornitura (..)”.
Per questo, può parlarsi, con riferimento alle PMI, di un obbligo “indiretto”, al quale queste aziende dovranno far fronte utilizzando standard di rendicontazione semplificata che sarà prossimamente pubblicata.
Diversamente, questa tipologia di azienda potrebbe trovarsi esposta al rischio di dover rinunciare alla posizione di fornitore e/o di fornitore strategico o privilegiato di una grande impresa, a beneficio di altri player che dimostrano maggior impegno sulle tematiche della sostenibilità.