Il lavoro e la sfida dell’intelligenza artificiale

di Romano Benini



Il lavoro nell’era dell’intelligenza digitale costituisce un tema di fondo del confronto e del dibattito in corso, che deve riguardare le politiche del lavoro e le stesse scelte che il legislatore è chiamato a fare. Il tema è di straordinario stimolo e richiede una analisi che sia collegata a scelte coerenti ed efficaci. Costruire ogni giorno le condizioni per una economia in crescita ed un lavoro più diffuso, di qualità ed adeguatamente remunerato significa saper gestire bene le condizioni che ci vengono date e le opportunità offerte dalla transizione digitale in corso. Come tutte le situazioni di cambiamento ci troviamo di fronte allo stesso modo a rischi da affrontare e ad opportunità da cogliere.

Rispetto ai rischi, mentre appare ormai scongiurato il rischio della sostituzione di manodopera, o quantomeno ridotto dalle opportunità conseguenti che si sono venute a creare proprio in termini di competenze richieste dalle nostre imprese, restano e vanno affrontati quei rischi che il massiccio uso delle tecnologie digitali e dell’intelligenza artificiale determinano sull’organizzazione del lavoro ed impattano sul benessere aziendale e le condizioni del lavoro.

Il ridimensionamento dopo il Covid dell’utilizzo dello smart working conferma la centralità nei rapporti di lavoro della relazione umana come elemento chiave del benessere organizzativo.

L’intelligenza artificiale e gli strumenti digitali possono migliorare l’ambiente di lavoro e favorire la conciliazione con i tempi di vita e le esigenze famigliari, ma resta importa che nei contratti e nella legge si prevedano misure volte a limitare gli effetti della iperconnessione on line dei lavoratori e a ridurre i rischi di accelerazione e conseguente stress determinati dalla costante esposizione al computer, ai software digitali o agli smartphone. La gestione equilibrata degli strumenti digitali è oggi una nuova frontiera delle nostre relazioni industriali e sindacali. Gestire l’impatto dell’intelligenza artificiale nel mondo del lavoro è determinante e riguarda anche le regole e non solo gli strumenti di cui ci vogliamo dotare.

Rispetto invece alle opportunità la crescita dell’occupazione dipende sempre di più dalla capacità di essere collocati sulla transizione digitale da protagonisti, cogliendone le opportunità che riguardano sia il lavoro che la produttività. Il nostro sistema coglie ancora oggi solo in parte queste opportunità, che ci segnala il rapporto Excelsior Unioncamere determinano in questi mesi una contraddizione profonda che ci deve far riflettere ed intervenire. Le competenze digitali nel prossimo quinquennio saranno le più ricercate e la stima è che saranno richieste a poco più di 2 milioni di occupati (oltre il 56% del fabbisogno totale).

Si tratta non solo di fare il grande sforzo di formare o di riqualificare gli attuali lavoratori, ma anche di riqualificare almeno il 50 per cento dei nostri disoccupati ed al tempo stesso formare i giovani verso competenze che per la maggior parte dei casi risultano ancora di difficile reperibilità, con punte che arrivano a superare il sessanta per cento per alcuni profili specializzati particolarmente richiesti.

Il governo di questo fenomeno richiedere strumenti e politiche pubbliche ben finalizzate e coordinate: dalla promozione degli ITS al sostegno alle facoltà universitarie dell’area STEM ed al rafforzamento dell’Orientamento, dalla revisione e finalizzazione della bilateralità e del fondo nuove competenze alla grande operazione di reskilling dei disoccupati che prevede la revisione ed il rilancio del programma GOL, che il governo ha avviato insieme alle regioni.

L’assessment delle competenze che è stato completato nei mesi scorsi per circa due milioni di disoccupati ci ha mostrato l’esigenza di riqualificare nelle competenze digitali, spesso di base, quasi un milione dei cittadini italiani che si trovano attualmente alla ricerca di lavoro. Sono compiti importanti ed essenziali che si realizzano anche attraverso un rapporto diretto con il sistema delle imprese ed in particolare con i fondi interprofessionali, il sistema della bilateralità ed il mondo delle Camere di Commercio, che compie un lavoro sistematico di rilevazione e previsione dei fabbisogni professionali.

Questa sfida vede l’Italia al confronto in questi mesi con gli altri paesi del G7, che in questo periodo prevede la presidenza italiana. Sono questi anche i mesi in cui si sta avviando la nuova programmazione del Fondo sociale europeo ed anche in questo caso il completamento e la gestione delle ricadute della transizione digitale sul lavoro è determinante nei programmi che il Governo è chiamato ad attuare insieme alle Regioni e le parti sociali per realizzare quanto previsto dai programmi comunitari.