IL MADE IN ITALY: non solo moda, pizza e mandolino

di Claudio F. Fava


In un momento storico così instabile, all’inizio del 2024, ovvero primo anno senza pandemia dopo il 2020, dove il centro del potere americano a trazione europea (non dimentichiamoci che dopo gli Indiani d’America i creatori della democrazia e della società USA sono tutti europei) la globalizzazione vuole ammazzare la qualità. In qualsiasi ambito la qualità che non si rappresenta solo con i soldi, la qualità è nemica della dittatura economica, dell’egemonia politica e del condizionamento ideologico delle egemonie prevaricanti.

Oggi al dualismo petrolio-potere si è sostituito il confronto egemonia-fragilità. Dove la fragilità, come nell’ambiente, che dovrebbe interessare tutti i popoli del Pianeta, deriva dal fatto che chi inquina ha il mercato e chi protegge l’ambiente non ha sufficiente potere per costringere i Paesi ingordi ad essere lungimiranti.

Ma a questo punto purtroppo occorre ripensare se l’ONU, ovvero chi dovrebbe imporre l’eguaglianza e la pace tra i popoli, sia attrezzata sufficientemente oppure no. Come l’Europa, una realtà democratica e potente, in tecnologia e società senza unione militare di dissuasione, beninteso, sia una forza o un paradosso. Ecco che nasce l’esigenza di rispettare la qualità, prendendo esempio dalla terra, l’agricoltura, le famiglie che la utilizzano e l’ambiente.

Perché senza sovrastrutture appassite e per i popoli che sono in condizione 

ne di poterla esprimere, la prima qualità è la democrazia, il desiderio di crescita culturale, la memoria delle tradizioni e la solidarietà.

E noi popolo di italiani che siamo in mezzo al più grande laboratorio sociale rappresentato dal Mediterraneo, abbiamo ormai maturato l’esperienza più impegnativa per la ricerca di una convivenza con tutti i nostri confinanti, per effetto della nostra centralità.

Infatti conviviamo da migliaia di anni con tutte e tre le religioni o filosofie monoteiste dell’umanità, senza sentire il bisogno di combattere contro nessuno. E seppur con alterne fasi, sappiamo che la strada è quella di mostrare la qualità della nostra vita, cultura e tradizione nell’industria, nella ricerca e nel rispetto della biodiversità.

Mentre altre Nazioni con tendenze diverse nella formazione delle regole di convivenza civile, cercano invece l’illusione dell’egemonia anche religiosa! Vuoi con il monopolio della tecnologia della rete, vuoi con il potere economico, vuoi con l’uso della carota dei fossili... Anche con l’utilizzo della forza.

Comunque sia, la post-globalizzazione che stiamo vivendo oggi è comunque essa stessa una forma di globalizzazione, basata purtroppo sull’insofferenza verso i popoli democratici, colpevoli di avere una democrazia imperfetta, e l’antagonismo verso la libertà di scegliere il proprio futuro.

Lo scenario della post-globalizzazione è alla ricerca di un nuovo equilibrio. Ma è chiaro da tempo.

La Cina fa shopping di potere e risorse in Africa, la Russia fa shopping di paura in Europa e la NATO sta osservando lo scacchiere da 8000 miglia di distanza.

E l’Europa non è ancora unita né nella politica energetica, né in quella della Difesa.

Mi sembra evidente ed inevitabile che l’Europa dovrà dare un segnale concreto che c’è, e non solo come mercato, ma come forza e difesa. Soprattutto, deve accelerare le collaborazioni con l’Africa nel modo giusto. Con intelligenza e solidarietà per consentire la crescita delle future generazioni africane ed offrire un metro di paragone sullo stile di vita possibile.

Forse la post-globalizzazione è proprio questo: unire i destini delle democrazie, anziché pagare il prezzo della sopravvivenza sino alla prossima dittatura: tecnologica, politica o militare che sia.

E comunque continuare a perseguire la qualità della vita nei Paesi democratici, ancorché con una democrazia imperfetta, come l’Italia, sperando in una classe politica con una maggiore visione internazionale e concentrata sulla qualità della vita degli italiani, della loro cultura, delle tradizioni e dell’ambiente verso il quale stiamo traghettando le nuove famiglie italiane.