IL RUOLO DELL’ AGRICOLTURA PER LA TRANSIZIONE ENERGETICA

di Mary Modaffari




Il ruolo dell’agricoltura per la transizione energetica è essenziale. A partire dall’agrivoltaico, dalla produzione di biogas e biometano fino alla cattura della CO2. L’agricoltura per la transizione energetica può fornire un contributo importante. Agrivoltaico, produzione di biogas (e biometano) da scarti agricoli, ma anche in prospettiva come cattura di CO2: le possibilità sono ampie, diverse delle quali già attuate e attuabili.
C’è molto interesse per gli investimenti nelle energie rinnovabili, dal biogas e biometano fino al fotovoltaico, anche per abbattere i costi energetici delle aziende italiane che oggi sono più elevati del 50% rispetto a quelli dei nostri competitor. Per centrare gli obiettivi di sviluppo del fotovoltaico servono 30-50 GW di installazioni: il 30% circa da realizzare su tetti e terreni industriali o contaminati, la parte restante su 40-70.000 ettari di terreni agricoli, pari allo 0,2-0,4% dei terreni coltivabili disponibili. È quanto hanno stimato Legambiente, Greenpeace, Italia solare e Wwf, mettendo in luce l’importanza dell’agrivoltaico, ovvero il sistema che permette di coltivare la terra producendo energia elettrica tramite pannelli fotovoltaici opportunamente posizionati, così da permettere il passaggio delle macchine agricole e la tradizionale lavorazione dei campi, o l’attività di pascolo. La stessa Legambiente mette in luce l’importanza di una convivenza tra agricoltura e fotovoltaico, per produrre energia rinnovabile ma anche per decarbonizzare. A livello attuale, il sistema nazionale di generazione elettrica evidenzia un fabbisogno annuo di circa 320 TWh (dati Terna 2019). Le rinnovabili nel loro complesso soddisfano quasi il 40% del fabbisogno elettrico, di cui il fotovoltaico genera poco più dell’8%. La stessa associazione ambientalista segnala che: “La fonte fotovoltaica, da sola, dovrebbe arrivare entro il 2030 a soppiantare almeno il 60% dell’attuale generazione da fonti termiche fossili, percentuale ottenibile moltiplicando per cinque l’attuale potenza installata. Considerando anche il fabbisogno supplementare legato alla necessità di realizzare accumuli di energia elettrica, corrisponderebbe a una superficie di circa 50mila ettari, cioè 500 milioni di metri quadrati di pannelli”. Si tratta di un’area molto vasta, che andrebbe collocata il più possibile su coperture esistenti, ma che comunque prevede l’installazione di una parte a terra, stimata in oltre 70.000 ettari, pari allo 0,6% della superficie agricola utilizzata e al 3% di incremento del suolo urbanizzato totale. Il fotovoltaico di per sé richiede molto suolo. L’agrovoltaico, invece, è una proposta che permette di integrare, piuttosto che sostituire, la generazione fotovoltaica all’interno di un’azienda agricola, diventando così una opportunità per gli agricoltori. In Italia ci sono molte esperienze di successo nel settore, come ad esempio l’uso di impianti installati a circa 5 metri di altezza con pannelli “mobili” a inseguimento solare, che permettono di aumentare l’efficienza energetica. Al di sotto degli impianti, gli agricoltori riescono a coltivare normalmente il terreno. Le bioenenergie possono dare il loro apporto anche loro ad aumentare il peso specifico delle rinnovabili da agricoltura. Come ha messo in luce la EBA – European Biogas Association nell’ultimo statistical report, l’attuazione del Green Deal europeo porta con sé nuove opportunità per aumentare il biogas e il biometano in Europa.Anche lo sviluppo del biometano agricolo può contare anche su un impatto positivo in termini occupazionali. L’agricoltura può fornire un contributo importante anche nella riduzione delle emissioni di CO2. La politica agricola UE assorbirà 387 miliardi di euro dal prossimo bilanci. La Commissione europea ha pubblicato una comunicazione intitolata “Forging a climate-resilient Europe – the new EU Strategy on Adaptation to Climate Change” in cui ha messo in luce alcune strategie da adottare per un’agricoltura più resiliente.In essa si sottolinea la necessità di promuovere anche azioni dedicati alla riduzione della CO2 a partire dalle soluzioni bio-based che prevedono: il ripristino delle zone umide, le torbiere, gli ecosistemi costieri e marini; lo sviluppo di spazi verdi urbani e l’installazione di tetti verdi e pareti verdi; la promozione e gestione sostenibile di foreste e i terreni agricoli. La Commissione intende sviluppare un meccanismo di certificazione per la rimozione del carbonio, che consentirà di monitorare e quantificare i benefici climatici di molte soluzioni basate sulla natura. C’è poi la cosiddetta “carbon farming”, che si riferisce alle attività agricole che hanno un effetto sui bacini di carbonio nei suoli e nella vegetazione, con lo scopo di ridurre le emissioni, aumentare la rimozione e lo stoccaggio del carbonio e proteggere i suoli ricchi di CO2. Grazie alla politica agricola comune, segnala la stessa Commissione UE, gli agricoltori potrebbero essere incentivati a contribuire a una maggiore mobilizzazione di biomassa sostenibile per l’energia. Le comunità energetiche possono fornire un quadro solido per l’uso di tale energia in un contesto locale. Si evidenzia, quindi, il nesso tra agricoltura e transizione energetica. Le proposte che delineano la strada che la PAC dovrà seguire dovranno definire una politica più semplice ed efficiente che integri gli obiettivi di sostenibilità del Green Deal europeo.