PERCHÉ DOBBIAMO AUMENTARE IL NUMERO DI OCCUPATI PRIMA CHE SIA TROPPO TARDI

di Romano Benini


Dai prossimi mesi il fabbisogno occupazionale italiano dovrà confrontarsi con un disallineamento tra domanda ed offerta di lavoro di natura strutturale a causa dell’invecchiamento della popolazione che comporta:
• un aumento dei flussi pensionistici e quindi delle uscite dal mercato del lavoro (tasso di pensionamento);
• una riduzione percentuale del numero di giovani in ingresso nelle forze lavoro (se i tassi di attività non cresceranno in modo significativo).
L’aumento dell’occupazione, avviato dal 2021 ed intensificatosi in questi ultimi mesi fino a raggiungere un tasso di occupazione nel maggio del 2024 del 62,4 per cento va incentivato, insieme al tasso di attività, per evitare il rischio che a tasso di occupazione invariato si determini un forte calo degli occupati in ragione dell’andamento demografico e del contestuale aumento del tasso di pensionamento. Dobbiamo quindi guardare con attenzione ai profili professionali richiesti dalle imprese italiane e preparare una forza lavoro adatta e competente.
Se consideriamo le caratteristiche dei fabbisogni dichiarati dalle imprese italiane, la domanda maggiore riguarda i profili terziari, ossia il livello universitario, a conferma del processo di qualificazione in corso del sistema economico italiano e della relativa domanda. Va segnalato come le difficoltà dei processi di assunzione risultano direttamente proporzionali al livello di istruzione richiesto. Anche se negli anni il livello di istruzione è progressivamente aumentato in Italia, l’ingresso di giovani laureati nel mercato del lavoro italiano è risultato ampiamente insufficiente rispetto alle esigenze della domanda per il ridimensionamento della consistenza delle fasce più giovani della popolazione.
I fabbisogni della formazione terziaria sono quelli che sviluppano i numeri più elevati per quanto riguarda sia la domanda che l’offerta formativa. Tuttavia tra i livelli formativi quello terziario è quello in cui sono presenti anche problemi derivanti da una offerta eccessiva rispetto alla domanda in alcuni settori (filosofico, psicologico, politico sociale etc). I fabbisogni legati alla formazione secondaria di secondo grado di tipo tecnico professionale sono in seconda posizione come valori sviluppati per domanda e offerta formativa ed è questo livello di formazione che sviluppa le minori tensioni tra domanda ed offerta per i diversi profili. Il sistema della formazione professionale, ossia fabbisogni di IeFP, sono quelli che sviluppano i minori volumi di domanda e offerta formativa, tuttavia essendo la domanda delle imprese rispetto a questi profili in media superiore all’offerta formativa, per i relativamente pochi giovani coinvolti dal sistema IeFP, siamo in presenza di una forte tensione e ad un evidente disallineamento (che non riguarda tuttavia tutti i profili formati).

L’attivazione al lavoro costituisce una misura importante per scongiurare che si realizzi una diminuzione drastica degli occupati italiani per via del rapporto tra tasso di occupazione e tasso di pensionamento, ed agisce sia nell’immediato che in prospettiva. L’immediato riguarda l’accompagnamento al lavoro dei disoccupati attuali, anche in ragione di un intervento di adeguamento delle competenze ed un aumento della loro occupabilità, mentre la prospettiva riguarda i giovani attualmente in formazione e da orientare verso percorsi di competenze in grado di migliorare la capacità di ridurre lo skill job rispetto ai profili richiesti dalle imprese italiane. I contenuti formativi richiesti rendono del tutto evidente la necessità di implementare la conoscenza per l’uso e la gestione delle tecnologie informatiche e dei relativi strumenti che intervengono sull’organizzazione, la gestione del personale, i processi produttivi, il marketing.
Il margine di crescita su questi profili è in Italia ancora molto ampio, per via dei ritardi delle imprese nella transizione tecnologica e della carenza di competenze. La necessità di innalzare l’attivazione lavorativa di donne, giovani e immigrati deve essere interpretata non solo come risposta quantitativa al problema «mismatch». Va considerata anche la dimensione qualitativa. L’IA anche sotto questo profilo potrebbe giocare ruoli ambivalenti: potrà essere utilizzata per far fronte al difficile ricambio generazionale, riducendo i costi del mismatch e aumentando la produttività; ma potrà anche avere un ruolo determinante nel potenziare i processi di reskilling e upskilling delle persone, alle quali serviranno competenze sempre più qualificate, e nell’affiancare la creatività dei lavoratori migliorandone l’efficienza.
Come è avvenuto per altri paesi europei, l’andamento positivo del mercato del lavoro italiano dipende anche dalla maggior presenza di lavoratori immigrati. Se questo è avvenuto negli anni scorsi, diventa fondamentale che sia estesa la presenza di immigrati qualificati in grado di sostenere la domanda di lavoro delle imprese in Italia. La composizione della popolazione straniera è concentrata nelle fasce di età attiva ed il tasso di fecondità, anche se in calo, è più elevato rispetto a quello italiano. Tuttavia il cambio di scenario del mercato del lavoro italiano di questi anni mostra una elevata crescita della domanda di competenze qualificate ed un calo delle competenze per i profili privi di qualifica, che sono quelli che più hanno coinvolto la popolazione straniera. Per promuovere adeguate politiche di inserimento nel mercato del lavoro della popolazione straniera dobbiamo considerare che in questi anni abbiamo accolto una immigrazione generalmente poco istruita con un conseguente rischio generazionale:
o il 50,3% dei 25-64enni stranieri ha una bassa istruzione formale (rispetto al 35,4% degli italiani)
o l’Italia è ultima in Europa per incidenza del livello di istruzione terziario tra gli stranieri 25-64enni
o Abbandonano precocemente i percorsi educativi e formativi il 28,7% dei 18-24enni stranieri (rispetto al 9,7% degli italiani)
o Elevata incidenza di giovani NEET che non studiano o lavorando: 29% degli stranieri 15-29enni (rispetto al 17,9% degli italiani)
o Crescita della inattività, specie femminile: 43,8% (rispetto al 43,5% delle italiane), ma con punte intorno all’80-90% per alcuni gruppi nazionali
Inoltre le basse retribuzioni (31% inferiori a quelle degli italiani per gli extra-UE) derivanti dal lavoro non qualificato generano:
o una elevata incidenza di occupati a rischio di povertà: 28% degli stranieri extra-UE rispetto al 9,9% degli italiani
o il 36,1% delle famiglie straniere con minori è in povertà assoluta, rispetto al 7,8% delle famiglie italiane una vulnerabilità che incide sul potenziale «contributo demografico» delle famiglie immigrate o in prospettiva, una minore contribuzione fiscale ed alla spesa pensionistica.
L’opportunità e le potenzialità dell’afflusso degli immigrati sono quindi direttamente collegate alla capacità di inserire questa forza lavoro all’interno del processo di qualificazione in atto del lavoro e dell’economia italiana con strumenti adatti.