RAPPRESENTANZA E RAPPRESENTATIVITÀ SINDACALE: complessità e nuovi scenari
di Liano Capicotto
La disciplina del rapporto di lavoro in Italia, sia nel settore pubblico che in quello privato, è caratterizzata da un processo di negoziazione cruciale condotto tra datori di lavoro e lavoratori. Questi ultimi partecipano alla negoziazione attraverso le rispettive associazioni sindacali. Il risultato più significativo di tale concentrazione è la stipulazione dei Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL), che svolgono una duplice funzione: definire le condizioni economico-normative del lavoro subordinato e regolare i rapporti tra i protagonisti della contrattazione collettiva.
I CCNL, benché siano il frutto dell'autonomia privata e non direttamente legati a una specifica legislazione, hanno forza di legge tra le parti che li stipulano, vale a dire le associazioni sindacali di lavoratori e datori di lavoro. Tuttavia, la mancanza di una normativa specifica sulla contrattazione collettiva e la natura privatistica dei CCNL hanno dato vita a diverse complessità interpretative e applicative, specialmente per quanto riguarda l'identificazione delle parti legittimate alla contrattazione.
Il principio di rappresentatività sindacale, ancorato nella Costituzione italiana, conferisce ai sindacati registrati il potere di stipulare CCNL vincolanti per tutte le categorie lavorative.
Nonostante ciò, l'attuazione pratica di questo principio è stata ostacolata, principalmente a causa dell'inerzia legislativa e delle resistenze dei sindacati verso un sistema di registrazione nazionale.
Centrale nella discussione è la questione di come si identifichino i soggetti legittimati a partecipare alla contrattazione collettiva.
Inizialmente, lo Statuto dei Lavoratori forniva indicazioni precise sulla formazione delle rappresentanze sindacali aziendali. La parziale abrogazione di alcune sue parti ha tuttavia portato a un'evoluzione dei criteri di rappresentatività.
La giurisprudenza ha avuto un ruolo fondamentale in questo contesto. In passato, la rappresentatività era legata a criteri quantitativi come la grandezza e la diffusione territoriale delle associazioni sindacali. Successivamente, l'approccio è diventato più dinamico, valutando quanto fosse efficace l'azione sindacale e la capacità di partecipare alle trattative per la stipula di contratti collettivi.
Questo sviluppo ha spostato l'accento sulla "rappresentatività negoziale", basata sulla capacità di un sindacato di agire come controparte contrattuale, oltre il semplice numero di lavoratori rappresentati.