di Guglielmo Pannullo
Il rapporto tra politica e impresa in Italia è da sempre un tema centrale nelle strategie di sviluppo economico. Al di là delle tradizionali – e giuste - contrapposizioni ideologiche, emerge, oggi più che mai, la necessità di un modello che valorizzi la produttività nazionale, garantisca un contesto favorevole alle aziende e tuteli al contempo i lavoratori. La sfida a cui i tempi ci hanno messo innanzi è quella di conciliare crescita economica e giustizia sociale, evitando sia il liberismo sfrenato sia un eccessivo interventismo statale.
La storia economica italiana offre esempi virtuosi di imprese capaci di coniugare innovazione, competitività e attenzione al benessere sociale. Un caso emblematico è quello della Olivetti, azienda che sotto la guida di Adriano Olivetti ha rappresentato un modello di sviluppo industriale capace di mettere al centro la persona. La Olivetti non solo ha prodotto tecnologie avanzate, ma ha investito in politiche di welfare aziendale, creando scuole, servizi sanitari e abitazioni per i dipendenti. Questo approccio dimostra come un’impresa possa essere motore di crescita senza sacrificare la qualità della vita dei lavoratori.
Un altro esempio significativo è quello della Mivar, storica azienda italiana di elettronica. Il suo fondatore, Carlo Vichi, ha sempre rifiutato la delocalizzazione per mantenere la produzione in Italia, convinto che il valore di un’azienda non risieda solo nei profitti, ma anche nella capacità di garantire occupazione sul territorio. Questo modello, purtroppo sempre meno diffuso, rappresenta un esempio di come l’interesse nazionale possa essere difeso anche nel mondo industriale. La storia di Mivar sottolinea come la produzione interna possa rappresentare un valore aggiunto non solo dal punto di vista occupazionale, ma anche in termini di qualità del prodotto e di competitività nel lungo periodo. Un’azione politica efficace deve sostenere l’impresa senza snaturarne l’identità, fornendo strumenti per competere a livello internazionale senza sacrificare il tessuto sociale in Patria. Tra le misure più rilevanti degli ultimi anni vi è l’approvazione della recente legge sulla Partecipazione al Lavoro. Questo modello permette ai lavoratori di avere un ruolo più incisivo nelle decisioni strategiche, contribuendo a una maggiore stabilità e competitività delle imprese. L’introduzione di tale misura si inserisce in un contesto più ampio di riforme necessarie per rilanciare il sistema produttivo italiano, una sfida non di poco conto per il Parlamento ed il Governo Meloni. Un maggiore coinvolgimento dei lavoratori nelle dinamiche aziendali non solo può contribuire a un ambiente lavorativo più motivante e collaborativo, ma può anche rappresentare un vantaggio per le aziende stesse, riducendo il conflitto sociale e migliorando la produttività complessiva. L’obiettivo deve essere quello di promuovere un’economia che non premi la fredda speculazione finanziaria, ma che favorisca l’industria produttiva, il lavoro qualificato e un reale benessere diffuso, ovvero alcuni fra gli elementi principali di quella che può essere definita come identità del lavoro. Questo richiede una visione politica lungimirante che sappia investire nella ricerca, nell’innovazione e nella formazione, garantendo al tempo stesso un contesto normativo stabile e incentivante per le imprese. Una politica economica efficace, non può limitarsi a risultati immediati, ma deve avere una prospettiva di lungo periodo, capace di garantire benefici alle generazioni future. Investire nella manifattura, nella tecnologia e nella crescita sostenibile non significa solo rafforzare l’economia attuale, ma anche creare le condizioni per un sistema produttivo che possa essere competitivo nei decenni a venire. Questo approccio generazionale si traduce in politiche che incentivano l’educazione sia umanistica che tecnico-scientifica, il passaggio di competenze e maestranze tra vecchie e nuove generazioni, e una gestione sostenibile delle risorse ed una valorizzazione costante del capitale umano. Un’economia solida deve essere costruita su basi che vadano oltre le logiche di breve termine, favorendo una crescita equilibrata e duratura. La politica economica del futuro non può prescindere da questo equilibrio. Il sostegno alla manifattura, alla tecnologia e alla capacità imprenditoriale italiana deve essere una priorità per mantenere la competitività del Paese. Il rilancio dell’economia nazionale passa attraverso un modello in cui le imprese non siano solo strumenti di profitto, ma veri e propri motori di progresso sociale e territoriale, capaci di garantire opportunità e stabilità anche per le generazioni che verranno. La sfida cui la politica italiana dovrà rispondere nel brevissimo termine è quello di riuscire a creare un paradigma unico che comprenda sia il genio tecnologico e industriale italiano, che, a titolo di esempio, ha costruito da solo il 40% della Stazione Spaziale Internazionale (ISS); sia il genio artigianale italiano, noto in tutto il mondo per le proprie eccellenze che vanno dalla manifattura all’agroalimentare, passando per l’edilizia e le arti.
La sfida che ci si pone innanzi è, in poche parole, quella di creare una stabile e duratura Via identitaria italiana al lavoro.


