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SCENARI INTERNAZIONALI - LIBIA - IL PREZZO DELLA PACE TRADITA: cosa abbiamo perso dopo il 2008

2025-05-28 11:47

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Estero, africa, geopolitica, libia,

SCENARI INTERNAZIONALI - LIBIA - IL PREZZO DELLA PACE TRADITA: cosa abbiamo perso dopo il 2008

di Marco Bourelly

di Marco Bourelly


Nel 2008, con la firma del Trattato di Amicizia, Partenariato e Cooperazione tra Italia e Libia, si aprì una nuova era nei rapporti tra i due Paesi. Dopo decenni di tensioni e ferite storiche, l’accordo rappresentava un passo significativo verso una cooperazione fondata su rispetto reciproco, investimenti economici e stabilità geopolitica nel Mediterraneo. Tuttavia, gli eventi che si sono succeduti dopo il 2011 hanno cancellato gran parte di ciò che era stato costruito, lasciando spazio a instabilità, insicurezza e rimpianti.
Il trattato, firmato da Silvio Berlusconi e Mu’ammar Gheddafi, prevedeva importanti investimenti italiani in Libia (stimati in 5 miliardi di dollari in 20 anni), il rafforzamento della cooperazione energetica e un impegno comune contro l’immigrazione clandestina. Era anche un atto simbolico: l’Italia riconosceva formalmente le sofferenze inflitte durante il colonialismo, mentre la Libia si apriva a un partenariato strategico con Roma. Negli anni immediatamente successivi, molte imprese italiane – in particolare Eni, ma anche aziende nei settori infrastrutturale, edilizio e commerciale – trovarono in Libia un terreno fertile per espandere le proprie attività. I rapporti politici erano stabili, e l’Italia divenne uno dei principali partner economici e diplomatici della Libia.
In quel periodo, ho avuto personalmente un ruolo attivo nell’organizzazione logistica e imprenditoriale di numerose missioni economiche italo-libiche. Per conto della Libia, mi sono occupato del coordinamento e della gestione di diversi viaggi e incontri istituzionali, organizzando voli dedicati che portarono imprenditori italiani nel Paese nordafricano per favorire lo sviluppo di rapporti commerciali e progetti congiunti. Erano anni di entusiasmo e fiducia, in cui si respirava un reale senso di opportunità condivisa. Molte aziende italiane, anche medio-piccole, iniziarono a guardare alla Libia come a un partner affidabile e strategico nel Mediterraneo.
Il 2011: la caduta di Gheddafi e il caos L’intervento NATO del 2011, a cui l’Italia partecipò, pose fine al regime di Gheddafi, ma aprì un vuoto di potere che la Libia non è mai riuscita a colmare. Il Paese è precipitato in una spirale di guerre civili, divisioni tribali, e ha visto emergere gruppi jihadisti e reti criminali. Tutto ciò ha interrotto bruscamente i rapporti di cooperazione con l’Italia e cancellato anni di presenza economica e diplomatica.

Cosa abbiamo perso

  • Economicamente, l’Italia ha visto evaporare miliardi di investimenti, contratti sospesi, cantieri abbandonati. Tutto il capitale umano, relazionale e progettuale impiegato in quegli anni è andato disperso.
  • Geopoliticamente, abbiamo perso un alleato strategico nel Mediterraneo, lasciando spazio a nuove influenze (Russia, Turchia, Francia).
  • Umanamente, si è perso un canale di dialogo diretto, che aveva contribuito a contenere flussi migratori e minacce terroristiche.
  • Politicamente, la nostra immagine in Libia si è deteriorata: da partner privilegiato a percepito complice della destabilizzazione.
La storia della Libia insegna che non esistono scorciatoie nella costruzione della pace. Il realismo politico, unito al rispetto delle sovranità e alla responsabilità delle scelte internazionali, è fondamentale. Oggi, mentre la Libia prova faticosamente a ricostruirsi, l’Italia deve riflettere sul valore della coerenza diplomatica e sul prezzo delle alleanze dimenticate.
Il trattato del 2008 avrebbe potuto essere l’inizio di un modello virtuoso di riconciliazione post-coloniale e cooperazione mediterranea. La sua fine prematura è una ferita ancora aperta, non solo per la Libia, ma anche per noi. Ripensare a quegli anni non è solo un esercizio di memoria: è un atto politico, una lezione di diplomazia, e un richiamo alla responsabilità.