di Antonino Castorina Il Prof. Marco Schirripa è docente di Diritto Pubblico Comparato presso l’Università Mediterranea di Reggio di Calabria. L’ERA DIGITALE   Professore oggi la sfida nella crescita del comparto produttivo del paese passa anche dai fondi europei che legano gli investimenti all’innovazione tecnologica, come può cambiare l’Italia con nuove tecniche avanzate ed innovative?  L’Italia si trova di fronte a una sfida critica per il suo comparto produttivo, soprattutto considerando gli investimenti europei diretti all’innovazione tecnologica. Le nuove tecniche avanzate hanno il potenziale di trasformare settori tradizionali, potenziando l’efficienza e la competitività delle imprese italiane. Questo cambiamento non solo può rafforzare la resilienza economica del paese ma anche posizionarlo strategicamente a livello globale. È cruciale un approccio integrato che favorisca la collaborazione tra il settore pubblico e privato, investimenti mirati in ricerca e sviluppo, e l’adozione di politiche incentrate sull’innovazione. Professore quanto potrà incidere la ZES in relazione agli investimenti da fare nel Mezzogiorno?  Le Zone Economiche Speciali rappresentano un’opportunità unica per rivitalizzare il Mezzogiorno attraverso incentivi economici e investimenti mirati. Se implementate con efficacia, le ZES possono attrarre capitali, promuovere lo sviluppo industriale e infrastrutturale, e ridurre le disparità economiche regionali. È essenziale un quadro normativo chiaro e stabile, insieme a politiche flessibili che sostengano l'attrattività e la sostenibilità delle ZES nel lungo termine. Quanto può incidere il Made in Italy nel mercato globale?  Il marchio Made in Italy rappresenta un patrimonio di eccellenza, sinonimo di qualità, design e artigianato. Per mantenere e ampliare la sua competitività nel mercato globale, è fondamentale investire in innovazione, ricerca e sviluppo. Il sostegno alle PMI e la promozione di un approccio integrato al marketing sono cruciali per capitalizzare sul valore distintivo del Made in Italy, affrontando con successo la concorrenza globale e rafforzando la posizione dell’Italia come leader nei settori tradizionali e emergenti. Professore lei è un uomo del sud, oggi il Mezzogiorno, nel campo produttivo, soffre di ritardi e lacune che lo pone indietro rispetto ad un Nord che cresce e si sviluppa, serve una vera presa di coscienza? e da parte di chi?  Il Mezzogiorno continua a confrontarsi con ritardi strutturali che limitano il suo sviluppo economico rispetto al Nord Italia. È necessaria una presa di coscienza diffusa e un impegno congiunto da parte delle istituzioni pubbliche, del settore privato e della società civile. Investimenti strategici in infrastrutture, formazione professionale e innovazione sono essenziali per stimolare la crescita economica inclusiva e sostenibile nel Mezzogiorno, riducendo le disparità regionali e creando opportunità di sviluppo per le comunità locali. Professore oggi l’impatto dell’Europa sulle scelte comunitarie è di fondamentale importanza, lei ha analizzato in passato, in uno dei suoi scritti, l’organizzazione ed il controllo parlamentare delle agenzie di intelligence europee. Le chiedo quali spazi ci sono oggi per una cooperazione di intelligence comunitaria? La cooperazione di intelligence a livello europeo è cruciale per affrontare le minacce transnazionali moderne. È essenziale un rafforzamento dell'organizzazione e del controllo parlamentare delle agenzie di intelligence europee per garantire trasparenza, efficacia operativa e rispetto dei diritti fondamentali. Solo attraverso una cooperazione stretta e coordinata sarà possibile affrontare con successo le sfide di sicurezza comuni. Già al giorno d’oggi c’è una consolidata collaborazione tra europei, non fino al punto da ipotizzare un’intelligence dell’UE – perché troppo diretto è il legame della funzione con la sovranità degli Stati -, ma abbastanza da incoraggiare il massimo incremento della condivisione delle informazioni e delle collaborazioni bilaterali. Un modello al quale ispirarsi può essere quello dei cd. Five Eyes, l’alleanza di sicurezza tra anglosassoni che unisce Stati Uniti, Regno Unito, Canada, Nuova Zelanda e Australia. Sempre sul tema dell’innovazione tecnologica lei si è espresso anche sul tema del voto digitale, quanto può diventare attuale anche in Italia questa nuova frontiera di democrazia e quanto può essere sicura la libera espressione del voto?  Il ruolo delle tecnologie digitali all’interno delle democrazie – e in particolare nel campo delle elezioni – è ormai una realtà consolidata.  In Italia (dove i vincoli giuridici e le sensibilità sociali sono particolarmente stringenti riguardo il diritto di voto), non sembra possibile pensare all’introduzione del voto elettronico online al di fuori di un luogo presidiato: l’esigenza della comodità da parte dell’elettore si verrebbe a scontrare con la garanzia della piena trasparenza delle votazioni, riducendo, peraltro, l’atto elettorale ad una dimensione esclusivamente privatistica e di diritto individuale del cittadino, e svilendo, di conseguenza, la funzione pubblica del voto, su cui la stessa Costituzione imprime il marchio di dovere civico. Si può ragionevolmente affermare che, in Italia, non vi sia una strada migliore di un processo di sperimentazione graduale che parta dal basso, iniziando con la informatizzazione dei servizi pubblici e lo sviluppo di una vera cultura digitale nazionale. In tal modo, il voto elettronico non rappresenterebbe soltanto un esperimento collaterale, ma arricchirebbe il ventaglio delle ICT destinate a creare un rapporto sempre meno distante tra cittadini e istituzioni.  La seconda tappa potrebbe consistere nell’informatizzazione anche di una sola parte delle fasi elettorali, ad esempio quella di identificazione dell’elettore, superando la tessera elettorale cartacea con l’impiego della carta d’identità elettronica o, ancora, automatizzando la fase del computo delle schede.  Creata una cornice digitale di tal genere, il terzo stadio, riguarderebbe l’espressione del suffragio in modalità elettronica iniziando dalle elezioni locali, seguendo l’esempio dei cantoni svizzeri o dei municipi canadesi. Affrontando una platea elettorale ridotta e ostacoli burocratici meno imponenti, l’impiego dell’e-vote sarebbe monitorabile in modo più efficace e sarebbe più semplice rimediare ad eventuali disguidi.  Col tempo, verificati i primi effetti dell’innovazione e il grado di fiducia riscontrato dagli elettori, l’applicazione del voto elettronico potrebbe ampliarsi laddove è già in uso il voto via posta – modalità che, come è noto, comporta tutele costituzionali meno intense – e, solo in caso di esito positivo di tale percorso, sostituire definitivamente la scheda cartacea e la matita copiativa. A tutela della verificabilità e delle pubblicità delle elezioni, il voto elettronico potrebbe in prima battuta impiegarsi come sistema di voto complementare e non esclusivo (il cosiddetto sistema del doppio binario) e implicare la produzione di un audit cartaceo riscontrabile dagli elettori, attenuando le perplessità legate alla dematerializzazione delle operazioni elettorali.
  


